Cenni Storici
Come è noto, il percorso della via Francigena che oggi conosciamo è quello descritto nel suo diario di viaggio dall’Arcivescovo Sigerico, nel ritorno da Roma verso Canterbury tra il 990 e il 994. Giunto a Pontremoli e dovendo attraversare l’Appennino, Sigerico scelse la via del passo della Cisa ( Monte Bardone ), che consentiva di raggiungere, disegnando un ampio arco, le città della pianura ( Fidenza, Piacenza, Pavia ).
Esisteva tuttavia anche un altro percorso, più antico, che oggi viene chiamato Via degli Abati, che passava attraverso i monti ed era utilizzato già dal VII secolo soprattutto da chi viaggiava a piedi, quale tragitto più breve da Pavia a Lucca e verso Roma. La Via, utilizzata già dai sovrani longobardi prima della conquista della Cisa, controllata dai bizantini, toccava anche l’abbazia di Bobbio, nel cuore dell’Appennino, dove i pellegrini diretti a Roma e provenienti dalla Francia e dalle Isole Britanniche passavano a venerare le spoglie di San Colombano (+615), grande abate irlandese e padre, con San Benedetto, del monachesimo europeo.
Già in età longobarda, a Pavia ed a Lucca, sorgevano “hospitales” di San Colombano. Il tragitto era parimenti seguito dagli abati di Bobbio per andare a Roma presso il pontefice, da cui l’abbazia direttamente dipendeva. Gli abati di Bobbio furono sempre personaggi di grande rilievo, provenienti da ogni parte d’Europa, attratti dal fascino culturale, religioso e politico che il nome di Colombano e la potenza del Monastero esercitarono sulla società del tempo.
Il cenobio di Bobbio, fondato dall’irlandose Colombano nel 613, ha costituito per un lungo periodo un indiscusso centro di cultura e di civiltà per tutta l’Italia settentrionale (importantissimo il suo scriptorium), tanto da essere più volte definito la “Montecassino del Nord”, Ancora oggi ne restano testimonianze significative, tra le quali il chiostro, il loggiato e la chiesa, riedificata nel 1400, al cui interno ammiriamo architetture e affreschi, uno splendido mosaico romanico dell’XI secolo, le tombe di San Colombano e di altri abati.
La concessione a Colombano dell’area per costruirvi il monastero fu un’intelligente iniziativa di re Agilulfo.
Egli, affidando a quest’uomo di indubbia personalità la fondazione dell’abbazia di Bobbio, compi un atto decisivo di quella lungimirante politica dei monasteri attuata dai re longobardi.
Collegato con i cenobi di Gravago (Val Noveglia), Corte Torresana (Borgo Val di Taro) e San Giovanni (Pontremoli), Bobbio consentiva un controllo completo del percorso per Roma attraverso l’Appennino. Fu centro strategico, nel sistema di strutture fortificate per la strada del Borgallo, la meno pericolosa delle vie per Roma, fino a quando Monte Bardone (l’odierna Cisa), rimase in mano ai Bizantini. Solo dopo la conquista della costa ligure, la cosiddetta “Marittima”, da parte di Rotari e della fortezza della Cisa, si affermarono altre strade, tra cui quella che diverrà la più famosa, la via Francigena o percorso di Sigerico.
Colombano muore il 23 novembre 615 e i suoi discepoli lo seppelliscono nella primitiva chiesetta. A reggere la comunità conventuale si alterneranno, in qualità di abati, seguaci del santo. Il convento si popola rapidamente: già nel 643 conta centocinquanta monaci. Attorno ad esso sorge l’attuale città, un tempo sede diocesana e capoluogo di Provincia. I tentativi di sottomettere i monaci, sottoposti solo al potere papale, continueranno sino al XIII secolo, quando infine perderanno la loro autonomia in favore dell’episcopio.
Oggi, oltre al complesso monastico, a Bobbio è possibile visitare la cattedrale (edificata nell’XI secolo), il Museo dell’Abbazia (con pregevoli pezzi quali un’idria in alabastro, numerose eulogie, una statua lignea di Colombano, ecc.), il castello Malaspina-Dal Verme – eretto su di una collina a dominare il paese dal XIV secolo, il Ponte Gobbo e il centro storico, che conserva ancora interessanti architetture medievali, ricco di negozietti che propongono prodotti locali (vini, funghi, ecc.).
L’antico itinerario, è stato riscoperto verso la fine degli anni ‘90 da Giovanni Magistretti, studioso piacentino, autore di diverse relazioni sulla Via e membro dell’Associazione, ed è stato pubblicato nel maggio 2011 in una Cartoguida della Via degli Abati, realizzata con la collaborazione di alunni ed insegnanti dell’Istituto per geometri “Tramello” di Piacenza, delle sezioni CAI locali e grazie anche all’intervento delle Amministrazioni locali. Nella Cartoguida viene presentato l’intero percorso, lungo 125 km., suddiviso su due fogli con quattro facciate a colori, in scala 1: 25000, con l’aggiunta di notizie di carattere storico, artistico ed ambientale sui territori attraversati dei Comuni di Bobbio, Coli, Farini, Bardi, Borgotaro e Pontremoli. Il tracciato viene indicato nelle tavole e sul terreno con la sigla VA e i segnali del CAI.